giovedì 14 settembre 2023

Guido Oldani

 

Guido Oldani (n. 1947)

Premio Speciale “Alla Carriera”

X edizione del Premio – 2021/2022

 

 Biografia dell’autore:

 

Guido Oldani nasce a Melegnano (MI) il 2 maggio 1947. Consegue una maturità tecnica, nella convinzione di poterla contemperare con un’istruzione umanistica. Maestri della sua adolescenza sono il critico letterario, di formazione laica, Giovanni Cesari, studioso di Alessandro Manzoni, e il violoncellista-pittore Gianni Zuccaro, autore di diverse vetrate della cattedrale di San Paolo del Brasile e di altre opere in America Latina. Oldani s’iscrive quindi alla Facoltà di Medicina, nel 1966, concentrandosi nello studio dell’anatomia umana normale microscopica, con esiti brillanti di ricerca, che gli varranno pubblicazioni nella rivista scientifica «Acta Anatomica», fino al 1984. La microscopia elettronica lo affascina perché rende il corpo umano infinito, come appare l’universo di Galileo. Contemporaneamente si occupa di psicodiagnostica, impadronendosi della metodica di Rorschach. Intanto, frequenta i poeti Luciano Erba, Antonio Porta, Alda Merini e Giovanni Raboni, il quale scriverà la prefazione alla sua prima opera poetica, Stilnostro, uscita nel 1985. Data da quel periodo anche l’amicizia di Oldani con gli scultori svedesi Gert Marcus e Françoise Ribeyrolles.

Nel 1987, partecipa al Festival internazionale MilanoPoesia, dove porta il senso della sua raccolta, che consiste nel togliere la realtà dal tempo, mediante l’uso di gerundi, participi passati e ablativi. Incomincia subito a differenziarsi, nella rappresentazione del reale, rispetto ai poeti circostanti. L’espressione di questo suo disagio lo indirizzerà al Seminario Internazionale degli Artisti, presso la Fondazione Vardö, in Stoccolma. Le stesse istanze, mentre inizia a comparire nel suo lavoro la “similitudine rovesciata”, porterà alla Columbia University di New York, invitato comemembro della delegazione dei poeti italiani. Lì stringerà amicizia con il poeta americano Allen Mandelbaum, italianista traduttore della Divina Commediain lingua inglese, interessato alla sua posizione letteraria. I due continueranno a frequentarsi anche in Italia, partecipando a una tavola rotonda presso il Salone del Libro di Torino.

La svolta nella poesia di Oldani avviene al Convegno di Losanna (Svizzera) “Varcar frontiere”, nel 2000. L’anno dopo esce la sua seconda raccolta, Sapone, sotto l’egida della rivista internazionale «Kamen». Per partito preso, a fronte di una presenza massiccia nelle riviste, Oldani diserta le collane di poesia, per dissenso radicale nei confronti delle poetiche dominanti, che egli giudica ripetitive e inadeguate al millennio ineunte.

Siamo all’inizio degli anni Duemila. Fin qui, Oldani ha lavorato con alterni impegni nella scuola, collaborando a case editrici, a vari quotidiani, come «Il sole24ore», «Avvenire», «Affaritaliani» on line, «Il Cittadino», al periodico «Luoghi dell’Infinito» e a diversi network televisivi, come Rai 2, Telenova, Rete 55 ecc. Dal 2001 al 2006, collabora, presso il Politecnico di Milano, con la cattedra di Tecnica della Comunicazione, nella Facoltà di Ingegneria, avendo l’opportunità di applicare il suo tipo di linguaggio ai saperi delle tecnoscienze.

Nel 2005, pubblica una plaquette, La betoniera, che sarà tradotta in diverse lingue, fra le quali l’arabo, a cura dell’amico poeta libanese Fuad Rifka, traduttore nella sua madrelingua di Goethe. Intanto l’editore Mursia gli ha affidato la direzione di una nuova collana di poesia, intitolata “Argani”, dove nel 2008 esce la nuova raccolta, centrale nella poesia di Oldani, Il cielo di lardo.

Nel 2010 porterà la propria poetica al Festival Mondiale della Poesia di Granada (Nicaragua). Dal 2009 al 2012, Oldani dirige il festival internazionale “Traghetti di Poesia” a Cagliari.

Dopo Granada, sempre nel 2010, viene alla luce, ancora per Mursia, al culmine di un lungo percorso poetico costantemente accompagnato da una vigile riflessione teorica, Il Realismo Terminale, che fissa in maniera compiuta i cardini e il canone della sua poetica. Le tesi avanzate in questo pamphlet richiamano sùbito l’attenzione, oltre che di poeti e critici letterari, di medici, matematici, geografi, urbanisti, filosofi, antropologi, sociologi dei processi culturali, pedagogisti, e psicanalisti, che ne faranno oggetto di discussione in occasione di convegni e tavole rotonde. Si apre così, per Oldani, un decennio di divulgazione. I princìpi del Realismo Terminale entrano nelle scuole e nelle università. Le occasioni si moltiplicano. Fra le decine e decine di eventi e manifestazioni cui viene invitato basterà citare la rassegna Bookcity Milano, che lo vede protagonista tutti gli anni ininterrottamente dal 2012 al 2020.

Intorno a Oldani si viene formando un sodalizio di persone, poeti e artisti di varia natura, che nel 2014, col lancio, al Salone del Libro di Torino, del “manifesto breve” A testa in giù, si costituirà ufficialmente in movimento. Tra le iniziative di cui è stato infaticabile promotore, va ricordato almeno, dal 2016 al 2018, presso il Teatro della Memoria di Milano, il festival del dialetto “Lingua di calcestruzzo”, concepito come esplorazione del fondamento su cui si accatasta la Babele di lingue oggi presenti nelle metropoli.

Nel 2018 Oldani dà alle stampe, negli “Argani”, una nuova raccolta di versi, La guancia sull’asfalto, in cui sprigiona esemplarmente, con felice e vulcanica creatività, tutte le potenzialità della “similitudine rovesciata”. Si giunge così al 2019, quando Oldani si reca in Cina a Luzhou, per portare il proprio contributo poetico nell’ambito di una rassegna internazionale, prevalentemente orientale, e ricevere l’ambitissimo “International Poetry Award 1573”. Sempre nel 2019 l’Università di Roma Tre dedica un convegno al Realismo Terminale e nel 2020 è l’Accademia di Belle Arti di Brera (Milano) ad occuparsene. A dieci anni dalla pubblicazione del Realismo Terminale, Oldani indirizza una “lettera aperta” ai suoi sodali e a quanti hanno accolto il suo appello, per fare un bilancio del lavoro fin qui compiuto e soprattutto per aprire ulteriori prospettive di sviluppo. Intitolata Dopo l’Occidente, solleva, tra l’altro, problemi di grande momento legati al ruolo della nostra civiltà nel mondo e alla gestione della calamità virale.

Un rapporto particolare Oldani ha sempre avuto con gli artisti visuali. Già nel 1989, avendo conosciuto e frequentato i Nuovi Ordinatori tedeschi, egli ha curato mostra e catalogo di uno di essi, il pittore Klaus Karl Mehrkens, presso il castello mediceo di Melegnano. Nel 1997, presso la Cascina Roma in San Donato Milanese, ha allestito la mostra postuma del pittore Roland Ettner, già membro della Bauhaus, giunto in esilio in Italia per insanabile dissenso con il nazismo. Nel 2000, fa collocare una grande sfera dello scultore Gert Marcus presso il fiume Po, come punto della latitudine per la pace mondiale, marcusiana, che muove da Stoccolma fino ad Eilat, sul Mar Rosso. Nello stesso anno ha curato la mostra della scultrice della luce Françoise Ribeyrolles, presso la Fondazione di poesia “Il Fiore”, in Firenze. Dal 2008 al 2011, Oldani è stato membro del Consiglio direttivo della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano, storica sede milanese per la pittura. Lì ha allestita, fra l’altro, una rassegna di giovani pittori cinesi. Infine nel 2013, presso l’Accademia di Brera, ha curato la rassegna “La poesia contemporanea e le sue contaminazioni con le arti visive”, di giovani artisti del mondo.

Per il teatro, Oldani ha curato una riduzione e regia dell’opera a quattro mani di Carlo Porta e Tommaso Grossi, Giovanni Maria Visconti, duca di Milano. Al festival internazionale, in Firenze, presso la Stazione Leopolda, è stata presentata un’opera sulla sua poesia, Millennio terzo, nostra meraviglia, a cura di Gilberto Colla, con suoni e musiche di Thomas Chinnery. Su di Oldani, il regista Pasquale Misuraca ha girato un cortometraggio, proiettato al Festival internazionale del cinema di Lucca.

Per quel che riguarda l’impegno civile di Oldani, oltre alla sua ripetuta presenza negli anni 2000 al Festival della poesia civile di Vercelli, va ricordata fra i vari eventi la sua presentazione della delegazione dei poeti russi, nel 1988, al festival Milano Poesia: era il tempo di Gorbaciov ed era importante dare una adeguata accoglienza ai poeti di quell’area. Sempre in area metropolitana milanese, nel 1990, Oldani ha propiziato l’incontro fra il Console generale d’Israele a Milano e un rappresentante dell’OLP palestinese. Ancora, nel 1999 Oldani ha presieduto il “Comitato 15.15” che, sul ricordo dell’inizio della neutralità della Svizzera, ha organizzato incontri fra esponenti della cultura dei governi francese, tedesco e italiano.

Negli anni fra il 2010 e il 2014, Oldani ha promosso con civile ironia il “Tribunale della Poesia”, come elemento di stimolo alla giustizia italiana, così come allo stesso modo ha ideato “Il giorno dell’impiccato”, per i troppi suicidi nelle carceri italiane, a causa di un inaccettabile sovraffollamento. Anche quando Ernesto Cardenal è stato processato dal suo governo per reati mai compiuti, Oldani ha indetto una serie di incontri a Milano, Firenze e Roma, a supporto del poeta nicaraguense. Rimarchevole è anche la sua iniziativa, nel 2010, di realizzare 100 cartelloni di 3 m x 6 m, con un testo poetico di sfida alla mafia. I cartelloni sono rimasti affissi a Milano per 15 giorni e sono stati ripresi a Cagliari e a Bari. Nel 2011, poi, Oldani ha partecipato come protagonista al film Caldo grigio caldo nero del regista Marco Dentici, pellicola contro la mafia, dove Oldani leggeva suoi testi di sberleffo all’organizzazione criminale. Il film è stato presentato al festival del cinema di Venezia. Infine, in favore dell’emancipazione femminile, Oldani ha lavorato nella giuria del Premio internazionale “Ada Negri”, figura femminile notoriamente anticonvenzionale, ed è presidente onorario del premio di poesia dedicato a Isabella Morra. Dal 2021 è referente per l’Italia del WPM (World Poetry Movement).

Tra i vari riconoscimenti attribuiti ad Oldani nel corso degli anni si ricordano la nomina a membro dell’Accademia Internazionale «Le Muse» di Firenze (2006), il Premio alla carriera “Città di Acqui Terme” (2010), il Premio “National Talent Gold” della Fondazione Zanetto di Brescia (2012), il Premio “FestivalArt” di Spoleto (2013) e l’“International PoetryAward 1573” di Luzhou, in Cina (2019).

 

 

Motivazione del conferimento del Premio:

 

 

Nel 2010 Guido Oldani pubblicava il Manifesto del Realismo Terminale che, nel giro di poco tempo, veniva tradotto in varie lingue, diffuso sulla stampa, dato a conoscere negli ambienti culturali di varie zone d’Italia, riscuotendo subito una grande attenzione. Oggi, a distanza di anni, possiamo sostenere che l’intervento di Oldani con il Manifesto, non tanto programmatico ma ideologico, agli albori del XXI Secolo ha rappresentato senz’altro una picconata ai sistemi sempre più granitici e solipsistici di una cultura disattenta al contesto in cui abita. A partire da quella data, infatti, è nata una fluente teorizzazione e produzione critica e antologica tesa a indagare le peculiarità e i punti di forza di questa rivoluzione antropologica. I contributi del docente Giuseppe Langella e di Elena Salibra, in particolare, sono stati molto apprezzati e ritenuti, assieme al Manifesto d’apertura della nuova stagione di riflessione, fonti di prim’ordine irrinunciabili per tutti coloro che nel tempo hanno inteso avvicinarsi e meglio concepire l’idea capostipite e il movimento che ne è nato.

Il Realismo Terminale parte dall’assunto di un grande ribaltamento tra soggetti e predicati e vede l’uomo sostituito dal mondo degli oggetti che, nella società consumistica in cui viviamo, hanno rimpiazzato ogni parvenza di naturalità. Attorno alla geniale e indovinata definizione di similitudine rovesciata si snoda la poetica terminale, si pensi ad alcuni versi quali “un cielo bianco come il lardo” (che dà il titolo a una celebre opera di Oldani); “il cielo è carta igienica già usata”, “ha la forma del manico di secchio,/ l’arcobaleno” ; “sembrano le piante chiodi storti” , “il vento come ruspa scavatrice  e “i pioppi spogli sono delle forche  e così via in un repertorio vastissimo di momenti in cui la natura è presentata dissimulata, cementificata, con sembianze e forme di arnesi, strutture portanti, elementi rigidi. Si pensi alle tante poesie che parlano di calce, cavalcavia, grattacieli, cantieri, betoniere e tanto altro ancora. Prevalgono, alle spese dell’emozionalismo, della spiritualità e dello scavo psicologico, la ruvida concretezza, il mondo della materia, l’accumulo e il pattume, l’asfalto e i gas tossici, la materialità possente e autoreferenziale, gli ambiti scatologici dell’uomo, il patologico e il virale, l’utilità dell’essere umano non in quanto ad abilità e conoscenze intellettive ma in relazione al suo punto di raccordo, quale ingranaggio mediano, nella catena di montaggio.

Oldani con la sua operazione che egli stesso ha definito come una sorta di “incidente mentale” ha evidenziato, meglio di nessun altro, il preoccupante e inarrestabile processo di disumanizzazione dell’uomo, lo svuotamento emotivo delle persone, il loro divenire merci indistinguibili, utili solo in quanto alla loro pratica funzionalità. In questa esplicitazione cruda e incontrovertibile della “dittatura degli oggetti” ha fatto emergere il caos e la disperazione di un’età, la disillusione e lo stravolgimento dettato dall’accumulo di persone (lui parla di pandemia abitativa), spesso definito anche come accatastamento non mancando di adoperare una giusta dose d’ironia che s’unisce spesso a una certa crudeltà d’immagini. Non perché sia un sadico ma perché il mondo è recidivamente cattivo.

La cronaca urlante di guerre, violenze, atti di degenerazione urbana fa da sfondo, insieme al dramma molto sentito per le sciagure migranti, a molte liriche tanto in Oldani quanto nei realisti teminali suoi seguaci. La natura, come saremmo portati a concepirla, è presente nelle forme deviate dettate dall’azione antropica distruttiva dell’uomo. È una natura fatta di cemento, calcestruzzo, lamine di metallo, vetri e altri elementi inerti, freddi, privi di loquela. L’identificazione con il mondo oggettuale fa sì che l’uomo risulti disperatamente ingabbiato in categorizzazioni, stereotipi e automatismi che lo conducono a un procedimento di cosificazione. Questa meccanicizzazione e oggettivizzazione continue sono la causa e la dannazione dell’uomo contemporaneo che, pur vivendo in una società plurale, allargata e densamente abitata come la metropoli, risulta essere solo, indifferente, asociale, completamente staccato dal contesto, come una piccola sfera d’acciaio in un più ampio ingranaggio: necessaria per funzionare ma inabile a emozionarsi. Che il Male si annidi proprio nella sciatteria, in forme di chiaro egoismo e nella frenetica attenzione al guadagno in questo clima virtuale, difficile come un campo minato, è evidente da considerazioni amare e grottesche al contempo come quando in una poesia annota “i poliziotti arrestano i più buoni”.

La poesia del Realismo Terminale (“terminale è la distanza abissale e incolmabile tra uomini e oggetti” sostiene il fondatore, ma essa è terminale anche perché ultima, disperata, tendente a un oltre dopo la fine che è prossima eppure non individuabile), definita d’avanguardia in un primo momento, divenuta poi fertile movimento e ora vasto e ineliminabile repertorio d’immagini crude e spietate che ci parlano senza superfetazioni del nostro presente, ha la forma di una denuncia perentoria dei nostri tempi, delle metropoli accatastate, della cronaca luttuosa, delle azioni malevoli e irreversibili dell’uomo, fatta a partire dall’idea di una degenerazione preoccupante, inarrestabile, divenuta mera circostanza consuetudinale: “il sangue è l’olio che condisce / il pasto umano per i terrorismi / in un menù che è quasi abituale” .

In questa “apoteosi del cemento” in cui siamo diluiti nelle “metropoli bestiali” tutto, compreso l’invisibile, assume una dimensione plastica: “le nuvole sono in cemento / abusive, perciò in continua fuga” e l’uomo non è neppure più pedina, pupazzo o manichino, macchina di produzione, ma oggetto, merce e, pertanto, oggetto di vendita, scambio, subordinato alle logiche di acquisizione, permuta, cessione, espropriazione. Privato della dimensione soggettiva, del sentimento solidale verso l’altro, dell’esigenza di condivisione e della coralità che ne farebbe parte attiva nella comunità, pietrificato nel narcisismo patologico e nel disturbo ossessivo-compulsivo dell’accumulo, l’uomo è oggi, nella poesia di Oldani, una presenza imprecisa, innocua, assoggettata alla materia, e mai indispensabile: “ci sono tante salme in obitorio / come accade nel centro commerciale / per molti elementi surgelati”.

Per la grande innovazione apportata in campo letterario e non solo con la teorizzazione e applicazione in campo poetico del Realismo Terminale, una sorta di “rivoluzione copernicana” dei nostri tempi che ha assunto la forma di un vero shock esperienziale dando vita a intermittenze di luci e divagazioni critiche e puntuali sullo stato dell’uomo nella contemporaneità, l’organizzazione del Premio ha deciso di attribuirgli il Premio Speciale “Alla Carriera”.

  

(Motivazione critica stilata da LORENZO SPURIO, Presidente del Premio)

 


Nota:

I presenti testi corrispondo a quelli pubblicati nell’opera antologica del Premio. E’ vietata la riproduzione in forma integrale e/o di stralci su qualsiasi tipo di supporto senza l’autorizzazione da parte dell’autore.

 

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