Guido Oldani (n. 1947)
Premio Speciale “Alla Carriera”
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edizione del Premio – 2021/2022
Guido Oldani nasce a Melegnano (MI) il 2
maggio 1947. Consegue una maturità tecnica, nella convinzione di poterla
contemperare con un’istruzione umanistica. Maestri della sua adolescenza sono
il critico letterario, di formazione laica, Giovanni Cesari, studioso di
Alessandro Manzoni, e il violoncellista-pittore Gianni Zuccaro, autore di
diverse vetrate della cattedrale di San Paolo del Brasile e di altre opere in
America Latina. Oldani s’iscrive quindi alla Facoltà di Medicina, nel 1966,
concentrandosi nello studio dell’anatomia umana normale microscopica, con esiti
brillanti di ricerca, che gli varranno pubblicazioni nella rivista scientifica
«Acta Anatomica», fino al 1984. La microscopia elettronica lo affascina perché
rende il corpo umano infinito, come appare l’universo di Galileo. Contemporaneamente
si occupa di psicodiagnostica, impadronendosi della metodica di Rorschach.
Intanto, frequenta i poeti Luciano Erba, Antonio Porta, Alda Merini e Giovanni
Raboni, il quale scriverà la prefazione alla sua prima opera poetica, Stilnostro, uscita nel 1985. Data da
quel periodo anche l’amicizia di Oldani con gli scultori svedesi Gert Marcus e
Françoise Ribeyrolles.
Nel 1987, partecipa al Festival
internazionale MilanoPoesia, dove porta il senso della sua raccolta, che
consiste nel togliere la realtà dal tempo, mediante l’uso di gerundi, participi
passati e ablativi. Incomincia subito a differenziarsi, nella rappresentazione
del reale, rispetto ai poeti circostanti. L’espressione di questo suo disagio
lo indirizzerà al Seminario Internazionale degli Artisti, presso la Fondazione
Vardö, in Stoccolma. Le stesse istanze, mentre inizia a comparire nel suo
lavoro la “similitudine rovesciata”, porterà alla Columbia University di New
York, invitato comemembro della delegazione dei poeti italiani. Lì stringerà
amicizia con il poeta americano Allen Mandelbaum, italianista traduttore della Divina
Commediain lingua inglese, interessato alla sua posizione letteraria. I due
continueranno a frequentarsi anche in Italia, partecipando a una tavola rotonda
presso il Salone del Libro di Torino.
La svolta nella poesia di Oldani avviene
al Convegno di Losanna (Svizzera) “Varcar frontiere”, nel 2000. L’anno dopo
esce la sua seconda raccolta, Sapone,
sotto l’egida della rivista internazionale «Kamen». Per partito preso, a fronte
di una presenza massiccia nelle riviste, Oldani diserta le collane di poesia,
per dissenso radicale nei confronti delle poetiche dominanti, che egli giudica
ripetitive e inadeguate al millennio ineunte.
Siamo all’inizio degli anni Duemila. Fin
qui, Oldani ha lavorato con alterni impegni nella scuola, collaborando a case
editrici, a vari quotidiani, come «Il sole24ore», «Avvenire», «Affaritaliani»
on line, «Il Cittadino», al periodico «Luoghi dell’Infinito» e a diversi
network televisivi, come Rai 2, Telenova, Rete 55 ecc. Dal 2001 al 2006,
collabora, presso il Politecnico di Milano, con la cattedra di Tecnica della
Comunicazione, nella Facoltà di Ingegneria, avendo l’opportunità di applicare
il suo tipo di linguaggio ai saperi delle tecnoscienze.
Nel 2005, pubblica una plaquette, La betoniera, che sarà tradotta in
diverse lingue, fra le quali l’arabo, a cura dell’amico poeta libanese Fuad
Rifka, traduttore nella sua madrelingua di Goethe. Intanto l’editore Mursia gli
ha affidato la direzione di una nuova collana di poesia, intitolata “Argani”,
dove nel 2008 esce la nuova raccolta, centrale nella poesia di Oldani, Il cielo di lardo.
Nel 2010 porterà la propria poetica al
Festival Mondiale della Poesia di Granada (Nicaragua). Dal 2009 al 2012, Oldani
dirige il festival internazionale “Traghetti di Poesia” a Cagliari.
Dopo Granada, sempre nel 2010, viene
alla luce, ancora per Mursia, al
culmine di un lungo percorso poetico costantemente accompagnato da una
vigile riflessione teorica, Il Realismo Terminale, che fissa in maniera compiuta i
cardini e il canone della sua poetica. Le tesi avanzate in questo pamphlet
richiamano sùbito l’attenzione, oltre che di poeti e critici letterari, di medici, matematici, geografi, urbanisti,
filosofi, antropologi, sociologi dei processi culturali, pedagogisti, e
psicanalisti, che ne faranno oggetto di discussione in occasione di
convegni e tavole rotonde. Si apre così, per Oldani, un decennio di
divulgazione. I princìpi del Realismo Terminale entrano nelle scuole e nelle
università. Le occasioni si moltiplicano. Fra le decine e decine di eventi e
manifestazioni cui viene invitato basterà citare la rassegna Bookcity Milano,
che lo vede protagonista tutti gli anni ininterrottamente dal 2012 al 2020.
Intorno a Oldani si viene formando un
sodalizio di persone, poeti e artisti di varia natura, che nel 2014, col
lancio, al Salone del Libro di Torino, del “manifesto breve” A testa in giù,
si costituirà ufficialmente in movimento. Tra le iniziative di cui è stato
infaticabile promotore, va ricordato almeno, dal 2016 al 2018, presso il Teatro
della Memoria di Milano, il festival del dialetto “Lingua di calcestruzzo”,
concepito come esplorazione del fondamento su cui si accatasta la Babele di
lingue oggi presenti nelle metropoli.
Nel 2018 Oldani dà alle stampe, negli
“Argani”, una nuova raccolta di versi, La
guancia sull’asfalto, in cui
sprigiona esemplarmente, con felice e vulcanica creatività, tutte le
potenzialità della “similitudine rovesciata”. Si giunge così al 2019,
quando Oldani si reca in Cina a Luzhou, per portare il proprio contributo
poetico nell’ambito di una rassegna internazionale, prevalentemente orientale,
e ricevere l’ambitissimo “International Poetry Award 1573”. Sempre nel 2019
l’Università di Roma Tre dedica un convegno al Realismo Terminale e nel 2020 è
l’Accademia di Belle Arti di Brera (Milano) ad occuparsene. A dieci anni dalla
pubblicazione del Realismo Terminale, Oldani indirizza una “lettera
aperta” ai suoi sodali e a quanti hanno accolto il suo appello, per fare un
bilancio del lavoro fin qui compiuto e soprattutto per aprire ulteriori
prospettive di sviluppo. Intitolata Dopo
l’Occidente, solleva, tra l’altro, problemi di grande momento legati al
ruolo della nostra civiltà nel mondo e alla gestione della calamità virale.
Un rapporto particolare Oldani ha sempre
avuto con gli artisti visuali. Già nel 1989, avendo conosciuto e frequentato i
Nuovi Ordinatori tedeschi, egli ha curato mostra e catalogo di uno di essi, il
pittore Klaus Karl Mehrkens, presso il castello mediceo di Melegnano. Nel 1997,
presso la Cascina Roma in San Donato Milanese, ha allestito la mostra postuma
del pittore Roland Ettner, già membro della Bauhaus, giunto in esilio in Italia
per insanabile dissenso con il nazismo. Nel 2000, fa collocare una grande sfera
dello scultore Gert Marcus presso il fiume Po, come punto della latitudine per
la pace mondiale, marcusiana, che muove da Stoccolma fino ad Eilat, sul Mar
Rosso. Nello stesso anno ha curato la mostra della scultrice della luce Françoise
Ribeyrolles, presso la Fondazione di poesia “Il Fiore”, in Firenze. Dal 2008 al
2011, Oldani è stato membro del Consiglio direttivo della Società per le Belle
Arti ed Esposizione Permanente di Milano, storica sede milanese per la pittura.
Lì ha allestita, fra l’altro, una rassegna di giovani pittori cinesi. Infine
nel 2013, presso l’Accademia di Brera, ha curato la rassegna “La poesia
contemporanea e le sue contaminazioni con le arti visive”, di giovani artisti
del mondo.
Per il teatro, Oldani ha curato una
riduzione e regia dell’opera a quattro mani di Carlo Porta e Tommaso Grossi, Giovanni
Maria Visconti, duca di Milano. Al festival internazionale, in Firenze,
presso la Stazione Leopolda, è stata presentata un’opera sulla sua poesia, Millennio
terzo, nostra meraviglia, a cura di Gilberto Colla, con suoni e musiche di Thomas Chinnery. Su di Oldani,
il regista Pasquale Misuraca ha girato un cortometraggio, proiettato al
Festival internazionale del cinema di Lucca.
Per quel che riguarda l’impegno civile
di Oldani, oltre alla sua ripetuta presenza negli anni 2000 al Festival della
poesia civile di Vercelli, va ricordata fra i vari eventi la sua presentazione
della delegazione dei poeti russi, nel 1988, al festival Milano Poesia: era il
tempo di Gorbaciov ed era importante dare una adeguata accoglienza ai poeti di
quell’area. Sempre in area metropolitana milanese, nel 1990, Oldani ha
propiziato l’incontro fra il Console generale d’Israele a Milano e un
rappresentante dell’OLP palestinese. Ancora, nel 1999 Oldani ha presieduto il
“Comitato 15.15” che, sul ricordo dell’inizio della neutralità della Svizzera,
ha organizzato incontri fra esponenti della cultura dei governi francese,
tedesco e italiano.
Negli anni fra il 2010 e il 2014, Oldani
ha promosso con civile ironia il “Tribunale della Poesia”, come elemento di
stimolo alla giustizia italiana, così come allo stesso modo ha ideato “Il
giorno dell’impiccato”, per i troppi suicidi nelle carceri italiane, a causa di
un inaccettabile sovraffollamento. Anche quando Ernesto Cardenal è stato
processato dal suo governo per reati mai compiuti, Oldani ha indetto una serie
di incontri a Milano, Firenze e Roma, a supporto del poeta nicaraguense.
Rimarchevole è anche la sua iniziativa, nel 2010, di realizzare 100 cartelloni
di 3 m x 6 m, con un testo poetico di sfida alla mafia. I cartelloni sono
rimasti affissi a Milano per 15 giorni e sono stati ripresi a Cagliari e a
Bari. Nel 2011, poi, Oldani ha partecipato come protagonista al film Caldo
grigio caldo nero del regista Marco Dentici, pellicola contro la mafia,
dove Oldani leggeva suoi testi di sberleffo all’organizzazione criminale. Il
film è stato presentato al festival del cinema di Venezia. Infine, in favore
dell’emancipazione femminile, Oldani ha lavorato nella giuria del Premio
internazionale “Ada Negri”, figura femminile notoriamente anticonvenzionale, ed
è presidente onorario del premio di poesia dedicato a Isabella Morra. Dal 2021
è referente per l’Italia del WPM (World Poetry Movement).
Tra i vari riconoscimenti attribuiti ad
Oldani nel corso degli anni si ricordano la nomina a membro dell’Accademia
Internazionale «Le Muse» di Firenze (2006), il Premio alla carriera “Città di
Acqui Terme” (2010), il Premio “National Talent Gold” della Fondazione Zanetto di
Brescia (2012), il Premio “FestivalArt” di Spoleto (2013) e l’“International PoetryAward
1573” di Luzhou, in Cina (2019).
Motivazione del conferimento del Premio:
Nel 2010 Guido Oldani pubblicava il Manifesto
del Realismo Terminale che, nel giro di poco tempo, veniva tradotto in
varie lingue, diffuso sulla stampa, dato a conoscere negli ambienti culturali
di varie zone d’Italia, riscuotendo subito una grande attenzione. Oggi, a
distanza di anni, possiamo sostenere che l’intervento di Oldani con il
Manifesto, non tanto programmatico ma ideologico, agli albori del XXI Secolo ha
rappresentato senz’altro una picconata ai sistemi sempre più granitici e
solipsistici di una cultura disattenta al contesto in cui abita. A partire da
quella data, infatti, è nata una fluente teorizzazione e produzione critica e
antologica tesa a indagare le peculiarità e i punti di forza di questa
rivoluzione antropologica. I contributi del docente Giuseppe Langella e di
Elena Salibra, in particolare, sono stati molto apprezzati e ritenuti, assieme
al Manifesto d’apertura della nuova stagione di riflessione, fonti di
prim’ordine irrinunciabili per tutti coloro che nel tempo hanno inteso
avvicinarsi e meglio concepire l’idea capostipite e il movimento che ne è nato.
Il Realismo Terminale parte dall’assunto di un grande ribaltamento tra
soggetti e predicati e vede l’uomo sostituito dal mondo degli oggetti che,
nella società consumistica in cui viviamo, hanno rimpiazzato ogni parvenza di
naturalità. Attorno alla geniale e indovinata definizione di similitudine rovesciata si snoda la
poetica terminale, si pensi ad alcuni versi quali “un cielo bianco come il lardo” (che dà il titolo a una celebre
opera di Oldani); “il cielo è carta
igienica già usata”, “ha la forma del
manico di secchio,/ l’arcobaleno” ; “sembrano
le piante chiodi storti” , “il vento
come ruspa scavatrice” e “i pioppi spogli sono delle forche” e così via in un repertorio vastissimo di
momenti in cui la natura è presentata dissimulata, cementificata, con sembianze
e forme di arnesi, strutture portanti, elementi rigidi. Si pensi alle tante
poesie che parlano di calce, cavalcavia, grattacieli, cantieri, betoniere e
tanto altro ancora. Prevalgono, alle spese dell’emozionalismo, della
spiritualità e dello scavo psicologico, la ruvida concretezza, il mondo della
materia, l’accumulo e il pattume, l’asfalto e i gas tossici, la materialità
possente e autoreferenziale, gli ambiti scatologici dell’uomo, il patologico e
il virale, l’utilità dell’essere umano non in quanto ad abilità e conoscenze
intellettive ma in relazione al suo punto di raccordo, quale ingranaggio
mediano, nella catena di montaggio.
Oldani con la sua operazione che egli stesso ha definito come una sorta
di “incidente mentale” ha evidenziato, meglio di nessun altro, il preoccupante
e inarrestabile processo di disumanizzazione dell’uomo, lo svuotamento emotivo
delle persone, il loro divenire merci indistinguibili, utili solo in quanto
alla loro pratica funzionalità. In questa esplicitazione cruda e incontrovertibile
della “dittatura degli oggetti” ha fatto emergere il caos e la disperazione di
un’età, la disillusione e lo stravolgimento dettato dall’accumulo di persone
(lui parla di pandemia abitativa),
spesso definito anche come accatastamento
non mancando di adoperare una giusta dose d’ironia che s’unisce spesso a una
certa crudeltà d’immagini. Non perché sia un sadico ma perché il mondo è
recidivamente cattivo.
La cronaca urlante di guerre, violenze, atti di degenerazione urbana fa
da sfondo, insieme al dramma molto sentito per le sciagure migranti, a molte
liriche tanto in Oldani quanto nei realisti teminali suoi seguaci. La natura,
come saremmo portati a concepirla, è presente nelle forme deviate dettate
dall’azione antropica distruttiva dell’uomo. È una natura fatta di cemento,
calcestruzzo, lamine di metallo, vetri e altri elementi inerti, freddi, privi
di loquela. L’identificazione con il mondo oggettuale fa sì che l’uomo risulti
disperatamente ingabbiato in categorizzazioni, stereotipi e automatismi che lo
conducono a un procedimento di cosificazione. Questa meccanicizzazione e
oggettivizzazione continue sono la causa e la dannazione dell’uomo
contemporaneo che, pur vivendo in una società plurale, allargata e densamente
abitata come la metropoli, risulta essere solo, indifferente, asociale,
completamente staccato dal contesto, come una piccola sfera d’acciaio in un più
ampio ingranaggio: necessaria per funzionare ma inabile a emozionarsi. Che il
Male si annidi proprio nella sciatteria, in forme di chiaro egoismo e nella
frenetica attenzione al guadagno in questo clima virtuale, difficile come un
campo minato, è evidente da considerazioni amare e grottesche al contempo come
quando in una poesia annota “i poliziotti
arrestano i più buoni”.
La poesia del Realismo Terminale (“terminale è la distanza abissale e
incolmabile tra uomini e oggetti” sostiene il fondatore, ma essa è terminale
anche perché ultima, disperata, tendente a un oltre dopo la fine che è prossima
eppure non individuabile), definita d’avanguardia in un primo momento, divenuta
poi fertile movimento e ora vasto e ineliminabile repertorio d’immagini crude e
spietate che ci parlano senza superfetazioni del nostro presente, ha la forma
di una denuncia perentoria dei nostri tempi, delle metropoli accatastate, della
cronaca luttuosa, delle azioni malevoli e irreversibili dell’uomo, fatta a
partire dall’idea di una degenerazione preoccupante, inarrestabile, divenuta
mera circostanza consuetudinale: “il
sangue è l’olio che condisce / il pasto umano per i terrorismi / in un menù che
è quasi abituale” .
In questa “apoteosi del cemento” in cui siamo diluiti nelle “metropoli
bestiali” tutto, compreso l’invisibile, assume una dimensione plastica: “le nuvole sono in cemento / abusive, perciò
in continua fuga” e l’uomo non è neppure più pedina, pupazzo o manichino,
macchina di produzione, ma oggetto, merce e, pertanto, oggetto di vendita,
scambio, subordinato alle logiche di acquisizione, permuta, cessione,
espropriazione. Privato della dimensione soggettiva, del sentimento solidale
verso l’altro, dell’esigenza di condivisione e della coralità che ne farebbe
parte attiva nella comunità, pietrificato nel narcisismo patologico e nel
disturbo ossessivo-compulsivo dell’accumulo, l’uomo è oggi, nella poesia di
Oldani, una presenza imprecisa, innocua, assoggettata alla materia, e mai
indispensabile: “ci sono tante salme in
obitorio / come accade nel centro commerciale / per molti elementi surgelati”.
Per la grande innovazione apportata in campo letterario e non solo con la
teorizzazione e applicazione in campo poetico del Realismo Terminale, una sorta
di “rivoluzione copernicana” dei nostri tempi che ha assunto la forma di un
vero shock esperienziale dando vita a intermittenze di luci e divagazioni
critiche e puntuali sullo stato dell’uomo nella contemporaneità,
l’organizzazione del Premio ha deciso di attribuirgli il Premio Speciale “Alla
Carriera”.
(Motivazione
critica stilata da LORENZO SPURIO, Presidente del Premio)
Nota:
I
presenti testi corrispondo a quelli pubblicati nell’opera antologica del
Premio. E’ vietata la riproduzione in forma integrale e/o di stralci su
qualsiasi tipo di supporto senza l’autorizzazione da parte dell’autore.
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