giovedì 14 settembre 2023

Giovanni Giuseppe Battaglia


 Giovanni Giuseppe Battaglia (1951-1995)

Premio Speciale “Alla Memoria”

XI edizione del Premio – 2022/2023

 


 Biografia dell’autore:

 

Giovanni Giuseppe Battaglia nacque ad Aliminusa (PA) nel 1951. Importante la sua presenza nelle Lettere della sua Regione e non solo. È stato poeta, scrittore e drammaturgo. Il suo carattere tendenzialmente schivo e la sua natura appartata non gli hanno concesso di evidenziarsi in maniera netta nello scenario nazionale nonostante la sua alacre attività letteraria e la nutrita collaborazione con intellettuali di chiara fama che collaborano con lui nelle sue opere, scrissero note critiche, prefazioni e attestazioni di merito sulla sua attività di poeta tra cui quelli di Pier Paolo Pasolini e Giacinto Spagnoletti.

La sua opera poetica, dopo l’esordio con la poesia dialettale (La terra vascia del 1969 prefata dal grande bagherese Ignazio Buttitta, quasi una “consacrazione” ai fasti della poesia popolare e La piccola valle di Alì del 1972), si snoda in una vasta gamma di pubblicazioni di poesia in lingua italiana la gran parte delle quali corredate da importanti e luminose attestazione critiche sul suo operato e genio creativo. Notevole al punto da farne una delle matrici caratterizzanti della sua produzione è la venatura civile dei componimenti che non verrà mai completamente meno pur lasciando spazio all’evocazione dei ricordi e dell’infanzia (I luoghi degli elementi del 1986, l’indimenticato Inventario degli strumenti del padre e della madre del 1987), della campagna natia e delle tradizioni locali e familiari sino a giungere a una poetica levigata ed evocativa frutto di un lavorìo interiore e di una spiccata propensione all’autoanalisi e all’introspezione. Sono esempi di questa poetica franta e a volte sincopata, costruita attorni agli aloni di non detto, opere quali L’ordine di viaggio (la cui prima edizione è del 1982, ripubblicato nel 1987 con una nota critica di Salvatore Silvano Nigro), considerata, a ragione, come una delle sue maggiori, Il libro delle variazioni lente (1991) e Frainteso a scatto (1994) sino all’ultimo e fatalmente premonitorio Discesa ai morti (1995).

Giorgio Luti lo ha inserito nella sua Storia letteraria d’Italia (1993). Suoi testi sono stati pubblicati su varie antologie tra cui Cento e passa poeti dialettali (Todariana, Milano, 1973, a cura di Teodoro Giuttari e Luigi Grande), Oltre Eboli: la poesia. La condizione poetica tra società e cultura meridionale (Lacaita, Manduria, 1979, a cura d Antonio Motta), Le parole di legno (Mondadori, Milano, 1984, a cura di Mario Chiesa e Giovanni Tesio), Letteratura degli anni ottanta (Bastogi, Foggia, 1985, a cura di Mario Lunetta, Francesco Muzzioli e Filippo Bettini), Lingua lippusa. Antologia della poesia contemporanea in dialetto siciliano (Venilia, Montemerlo, 1992 a cura di Corrado Di Pietro).

Hanno scritto di lui, tra gli altri, Ignazio Butttitta, Leonardo Sciascia, Pier Paolo Pasolini, Giovanni Tesio, Giacinto Spagnoletti, Salvatore Silvano Nigro, Gianmaria Testa, Giorgio Bàrberi Squarotti, Vincenzo Ognibene, Ferruccio Ulivi, Mariella Bettarini, Ignazio Delogu.

Dopo un periodo di malattia, il Poeta morì nella sua Aliminusa nel 1995 a soli quarantaquattro anni.

La sua intera produzione poetica (eccettuate le due sillogi iniziali in dialetto) è stata pubblicata a cura di Vincenzo Ognibene – che a lungo ha collaborato con lui e se ne è occupato in termini editoriali dopo la morte – nel volume di cinquecento pagine Poesie 1979-1994 pubblicato per Lithos di Roma nel 2015.

 

  


Motivazione del conferimento del Premio:

  

Apprezzati e letti con particolare attenzione i contributi critici che Giovanni Ruffino e Vincenzo Ognibene[1] hanno dedicato alla produzione poetica di Giuseppe Giovanni Battaglia, poeta nato ad Aliminusa, nella provincia palermitana, nel 1951 e lì deceduto nel 1995, l’organizzazione di questo Premio ha deciso di conferire il Premio Speciale “Alla memoria” di questa edizione alla sua importate figura letteraria.

Alcuni anni fa, sulla scia dei parchi letterari nati e intitolati a eminenti intellettuali del nostro Belpaese (il “Salvatore Quasimodo” a Modica e il “Giovanni Verga” a Vizzini) venne intitolato il Parco letterario e zoo contadino di Aliminusa alla figura di Giuseppe Giovanni Battaglia, meglio noto come “Piddu”, il poeta che denunciò senza reticenze le negatività del mondo di oggi, evidenziando le differenze da un’età precedente ritenuta non come “edenica” ma “normale”, mettendo al centro del suo impegno la difesa del debole e la condanna, con toni anche aspri, dello sfruttamento selvaggio tanto delle forze umane nelle campagne quanto degli elementi naturali e ambientali.

La traiettoria poetica di Giuseppe Giovanni Battaglia è esordita con tre raccolte poetiche in dialetto (La terra vascia del 1969, La piccola valle di Alì del 1972 e Campa padrone che l’erba cresce del 1977)[2], con importanti attestazioni di accoglimento tra cui quelle di Leonardo Sciascia e Ignazio Buttitta[3] in cui “i temi trattati (lavoro, subalternità, sofferenza, ribellione)[4] stanno tutti dentro l’orizzonte dialettale”[5] ed è proseguita negli anni con una continua ricerca ontologica, giungendo a una poesia carica di analogie e metafore, sostenuta da un linguismo raffinato impegnato in un’affannosa perlustrazione personale del vissuto.

La particolarità della sua opera sta forse nella grande maturazione formale e contenutistica che nel corso del tempo ha visto prodursi: dalla cruda indagine sociale che lo portò ad allinearsi alle lotte contadine in evidente contrasto alla nascente logica latifondista e di stampo caporalistico con un animo compartecipe e solidale nei confronti dei deboli e degli oppressi, sino ad arrivare a un dettato lirico più sincopato e simbolico, dai tratti enigmatici e tendenzialmente chiuso, imperniato sul culto di alcuni vacaboli-simbolo in una continua ricerca delle origini nell’arsenale dei ricordi e nelle evidenze concrete che, sottratte allo scorrere del tempo, gli consentivano di riaffiori e agganci, perlustrazioni e sempre più accorati, quando non tormentati, pensieri, testimoni di una “esistenza sofferta e inquieta”[6]. Della sua seconda produzione – quella dei noti Inventari degli oggetti della madre e de padre – è forte la “tensione verso la ricerca di senso”[7] sostenuta da una campitura di saggezze e di credenze mai ostentate quali preziosi “echi interiori della sua erudizione biblica”[8] che sembrano espandersi ulteriormente dinanzi alla “consapevolezza del mal fisico che, di lì a pochi anni, [lo] avrebbe condotto alla morte”[9].

Giovanni Ruffino è convinto nel sostenere che “Giuseppe Battaglia è un poeta tra i più significativi della Sicilia dal dopoguerra”[10] descrivendo la sua ideale e più congeniale collocazione nel solco dei maggiori dialettali di Sicilia, sulle orme di Vanni Antò (1891-1960), Santo Calì (1918-1972) e Ignazio Buttitta (1899-1997) al quale è stato avvicinato dalla critica frequentemente e a ragione non solo per l’impiego della sua lingua madre, in dialetto delle sue terre, ma per aver abbracciato le lotte della classe proletaria e contadina, contro i soprusi e le forme di violenza imposte dall’altro. Entrambi scrissero un componimento elegiaco dedicato a Salvatore Carnevale il sindacalista di Sciara che nel 1955 venne ucciso dalla mafia[11].

Battaglia fu esempio (ed è testimone) di forte e radicato “legame simbiotico con la terra”[12] che con la sua canonica “lapidarietà tagliente del lessico anti-padronale”[13] ci giunge ancora oggi, in un tempo assai mutato da quello che lui impresse nelle sue liriche, talmente vivido e combattivo, forte di insegnamenti temprati sulla propria pelle, a loro volta monito ad agire e denunciare. In Battaglia uomo e poeta rimangono indelebili la devozione alla terra natia, lo sradicamento e la distanza, lo schifo per l’emarginazione, la ricerca di emancipazione e il riconoscimento equanime dei diritti, la strenua difesa della condizione umana.


(Motivazione critica stilata da LORENZO SPURIO, Presidente del Premio)

 


 

Nota:

I presenti testi corrispondo a quelli pubblicati nell’opera antologica del Premio. E’ vietata la riproduzione in forma integrale e/o di stralci su qualsiasi tipo di supporto senza l’autorizzazione da parte dell’autore.

 





[1] In particolare: Vincenzo Ognibene, “Lo “scriba ramingo”: il cammino poetico di Giuseppe Giovanni Battaglia”, in Giuseppe Giovanni Battaglia, Poesie 1979-1994, Lithos Editrice, Roma, 2015.

[2] Codice linguistico che, nel suo percorso letterario, poi abbandonò come disse esplicitamente: “Ho smesso di scrivere in lingua siciliana nel 1978; è stata una bella esperienza”, in Giuseppe Giovanni Battaglia, Poesie 1979-1994, op. cit., p. 17.

[3] “Sciascia e Pasolini compresero il demone tragico di questa poesia in forma di lotta fra dimenticanza-lontananza dell’autore e accettazione cristiana della persona, della materia, della Natura, come doni divini”, Giuseppe Giovanni Battaglia, Poesie 1979-1994, op. cit., p. 59.

[4] Tra gli altri temi Vincenzo Ognibene ha rilevato “il dramma dell’emigrazione coatta, l’impegno esplicito nella lotta di classe, nella rabbiosa denuncia dell’analfabetismo colpevole, delle connivenze mafiose”, in Giuseppe Giovanni Battaglia, Poesie 1979-1994, op. cit., p. 24.

[5] Giovanni Ruffino, in Prefazione a Giuseppe Giovanni Battaglia, L’ordine di viaggio. Poesie 1968-1992, a cura di Vincenzo Ognibene, Arbash Edizioni, Aliminusa, 2005, p. 13.

[6] Giovanni Ruffino, in Prefazione a Giuseppe Giovanni Battaglia, L’ordine di viaggio. Poesie 1968-1992, op. cit., p. 13.

[7] Giuseppe Giovanni Battaglia, Poesie 1979-1994, op. cit., p. 38.

[8] Ivi, p. 49.

[9] Ibidem

[10] Giovanni Ruffino, in Prefazione a Giuseppe Giovanni Battaglia, L’ordine di viaggio. Poesie 1968-1992, op. cit., p. 13.

[11] Su questo rimando a un mio precedente intervento critico: Lorenzo Spurio, “La morte di Turiddu Carnevale: le poesie-ricordo (e condanna) di Ignazio Buttitta e Giuseppe Giovanni Battaglia”, «La Vallisa», 07/03/2023.

[12] Giuseppe Giovanni Battaglia, Poesie 1979-1994, op. cit., p. 20.

[13] Ivi, p. 32.


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